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venerdì 19 luglio 2013

Non c'è ragione

Sono abbastanza convinto che qualunque patentato automunito sia d'accordo con me nell'affermare che una delle cose più appaganti nell'esistenza di un essere umano sia guidare con un po' di sana musica nello stereo. Magari quando c'è poco traffico. Magari fuori città, così da bypassare i pestilenziali pedoni che attraversano in diagonale.

C'è un girone all'Inferno per quelli come voi!

E beninteso, con la giusta musica.


L'effetto congiunto di una guidata rilassata e di un buon cd dei Dire Straits, dei Pink Floyd o di certo blues polacco (provate la versione akustycznie di “Mała Aleja Róż”, dei Dżem) ti può portare in un'altra dimensione.

Posso garantire che Max Gazzè rientra nella categoria.

Qualche giorno fa questo facevo: guidavo fuori città, rilassato. Lontano da bambini dotati di scarso istinto di autoconservazione che rincorrono palloni agli incroci.
Ma stavolta non c'era lo straniamento che ti possono causare pezzi come “
One of these days”.

Il brano in riproduzione era “Storie crudeli (non c'è ragione per raccontare)”,dell'album “Quindi?” di Max Gazzè.
E quei versi, scritti dal fratello Francesco, accompagnati da un giro di basso che non si può definire diversamente da fenomenale, hanno acceso qualcosa.


Non c'è ragione
per raccontare storie crudeli
sulle cattiverie
di orchi e fattucchiere
di minatori nani
brutti sporchi e villani
Cenerentola e Biancaneve
perseguitate e ingenue.


Cosa intendete dire, fratelli Gazzè?
Supporrei che lo scopo di raccontare fiabe surreali ai nostri rampolli sia quello di costruire loro un mondo diverso. Un mondo in cui il cattivo è sporco, brutto e puzzolente, in cui la fanciulla oppressa dalla matrigna viene salvata in extremis dal principe azzurro a cavallo del suo bianco destriero.
Uno che sia l'opposto del nostro, in cui il più delle volte il cattivo ha le affascinanti fattezze (non necessariamente in senso strettamente estetico) di un Lucifero alla John Milton che preferisce regnare all'Inferno che servire in Paradiso.

Non c'è cartone o videogioco peggiore
di Shakespeariani cavamenti di occhi e Pinocchi.


Un sovrano viene assassinato da suo fratello, che poi esilia il suo figliuolo e siede sul trono a fianco della vedova.
Non sto parlando dell'Amleto.
Sto parlando del Re Leone.
Anche se la differenza sta tutta in una manciata di morti violente.
Ma è una differenza fondamentale.
È vero, abbiamo fatto scoprire ai bambini che esiste il fratricidio, ma stavolta il principe di Danimarca è sopravvissuto, senza la carneficina finale.

Io racconterei
un viaggio verso il sole
di fiori bagnati
quando ruscelli dissetano i prati
la sorprendente magia
di una famiglia felice
di questo giorno di festa passato a dormire
vorrei raccontare di te.


Che più o meno è quello che è successo con le trasposizioni Disney.
Non saprei dire se sia un bene o meno.
La maggior parte delle fiabe originali comprendono truculenti spargimenti di sangue, morti orribili e vendette.
La Sirenetta di Andersen che muore male sulla battigia.
Le sorellastre di Cenerentola che si mutilano i piedi nel tentativo di calzare la scarpetta.
Dire che con l'adattamento animato sia stata fatta una scrematura è un bell'eufemismo.
E forse capisco il perché: un conto è sentirsi raccontare una tale atrocità dalla voce materna e poi dormirci su. Magari ci fai un sogno particolarmente tetro, ma finisce lì.
Un conto è vederlo sullo schermo, con i tuoi occhi.
Probabilmente adesso avremmo torme di ragazzi terrorizzati dalle scarpe col tacco come in molti lo sono a causa di Pennywise nei confronti dei pagliacci.

Quattro pupazzi con testa d'antenna e pancia col televisore cresciuti e gestiti da un aspirapolvere
mangiano schiume di ogni colore.

Non c'è da aggiungere altro. Qui si cambia decisamente pagina. Dal prima al dopo.
Sono fermamente convinto che quegli aborti abbiano plagiato i fragili cervellini di milioni di infanti.
E guardando certi ragazzini che girano adesso ne sto avendo conferma.
Piango ancora lacrime amare per il giorno in cui smisero di trasmettere Solletico per lasciare il posto a questi
ibridi
ignobili
scherzi nucleari.


La ragione per raccontare le storie crudeli c'è.
Anche i film Disney non sono del tutto rose e fiori. C'è la crisi. La trasformazione.
Un ostacolo che il personaggio deve superare. Non importa se ci riesca o meno.
E tanto quei film, quanto le fiabe dei fratelli Grimm, servono a salvarci.
Ci hanno insegnato che le cose non sempre vanno come devono andare.
La mamma di Bambi è morta. Mufasa non si sveglierà.
Ma noi lo abbiamo metabolizzato.
Forse è bene che i bambini affrontino l'orrore.


Ho saputo che Biancaneve... eh!

[A Malambr]

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